
di Tommaso Dal Monte
[Questa recensione è apparsa in Culturificio nel febbraio scorso. L’articolo originale è qui. L’illustrazione qui sopra è da Skueak the Mouse, fumetto di Massimo Mattioli].
«Sempre che, piuttosto che la fantasticata infanzia, soggiungeva a volte Mario, non sia il fantasticare stesso il fondamento e l’origine della vita: il donare a sé, con sforzo d’invenzione, nostalgico o eroico che sia, una radice dell’esistenza, e quasi un destino preconizzato, e finalmente una storia, priva dell’attributo della realtà, ma dotato di quello della verità».
Per iniziare la recensione di Le ripetizioni, romanzo d’esordio di Giulio Mozzi uscito il 14 gennaio 2021 per Marsilio, avrei facilmente potuto scegliere una frase di maggior effetto, se non proprio scioccante. Il libro è infatti ricco di sequenze ad alto tasso emotivo, ma alle regole del clickbait ho preferito quelle dell’onestà intellettuale, selezionando una citazione che racchiude il senso ultimo dell’opera.
Un’opera dalla lunga, lunghissima gestazione. Come ha affermato in più interviste, Giulio Mozzi ha iniziato a scriverla nel 1998 per pubblicarla nel 2021, a sessant’anni. Del resto Mozzi con il mondo dei libri ha sempre avuto a che fare: come autore di racconti, poesie, prosimetri e manuali, come editor e insegnante di scrittura creativa presso la “Bottega di narrazione”, da lui stesso fondata nel 2011. Per via della sua formazione, dunque, Le ripetizioni è sì un romanzo d’esordio, privo però di quelle insicurezze nella costruzione della trama e dei personaggi tipiche di molte prime opere. Mozzi dimostra di padroneggiare perfettamente la gestione narrativa degli eventi e, soprattutto, di saper tematizzare e riflettere sui meccanismi stessi che regolano il processo della creazione letteraria.
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