di Gianluigi Simonetti
[Questo articolo di Gianluigi Simonetti è apparso nel supplemento domenicale del quotidiano Il sole 24 ore il giorno 1 marzo 2021. Qui sopra: un’opera di Claudio Laudani].
Tra gennaio e febbraio l’industria culturale scalda i motori dei premi letterari: gli addetti alla letteratura, i critici, gli influencer, gli scrittori stessi – sempre più spesso fusi nella medesima persona – cominciano a spiegare sulla stampa e nella rete quali sono i romanzi da non perdere, quelli «necessari», o «incandescenti» – quelli insomma che andrebbero premiati. Quest’anno la tendenza sembra essere al romanzo che parla di realtà, con un piede ben dentro la cronaca o la storia (collettiva e familiare); il piglio giusto è quello di chi vuole rimarginare una ferita o riparare un torto. Meglio se il telaio narrativo è leggero e trasparente, lo stile rapido e corsivo, ad alto tasso di emotività; e meglio ancora se l’autore è una scrittrice (a bilanciare lunghi anni di candidature per lo più maschili).
Più o meno all’opposto di questo profilo, ecco Le ripetizioni, primo romanzo di Giulio Mozzi, autore fin qui apprezzato soprattutto per i suoi racconti brevi. Opposto perché fatto per durare, più per competere. Opposto perché ha un impianto insolito, ricco di strati, che svela lentamente un nucleo sgradevole e malsano, invitando alla riflessione e alla rilettura attenta piuttosto che all’identificazione facile e allo scorrimento rapido. Opposto perché vede il mondo in modo asciutto e antisentimentale – non pretende di guarire, non denuncia e non s’indigna: la sua cifra è una disperazione calma, fredda, autenticamente coraggiosa perché non lascia vie d’uscita, né a se stessa né agli altri. Opposto, infine, perché articola un attacco frontale alla realtà “che si vede”, arrivando a suggerire che nella nostra esperienza delle cose le fantasie e il delirio contano quanto l’esperienza oggettiva delle cose, se non di più.