“Il mio scopo è: far arrivare chi legge fino in fondo alla storia”

Claudio Laudani, Discorso attorno a un sentimento nascente

[Questa intervista a Giulio Mozzi, condotta da Elisabetta Michielin, è apparsa il 2 febbraio 2021 nella rivista PulpLibri. Vedi l’articolo originale].

Cominciamo dall’oggetto: l’immagine di copertina mi sfugge completamente. Perché il quadro [Discorso attorno a un sentimento nascente, di Claudio Laudani, riprodotto qui sopra] del Grande Artista Sconosciuto (Gas, uno dei personaggi del libro) che peraltro è, secondo le tue parole, scritte in un post sulla genesi del romanzo, una delle due visioni che ti hanno accompagnato nella composizione e stesura del libro per ben 23 anni, non compare nella copertina e compare all’interno in un mortificante b/n?

Ti dirò: per molto tempo ho pensato al quadro di Claudio Laudani Discorso attorno a un sentimento nascente come all’unica immagine possibile per la copertina del romanzo. Addirittura, nel punto del testo in cui arrivavo a nominare il quadro c’era un inciso: “(che vedete riprodotto nella copertina di questo libro”). Mi divertiva, confesso, il gioco sul “dentro” e il “fuori” del libro. Ma poi accaddero tre cose. Uno: l’editore trovò quel quadro poco adatto alla copertina, per motivi squisitamente grafici: e la copertina, si sa, è territorio dell’editore. Due: mi ricordai di un passaggio del primo romanzo di Daniele Del Giudice, Lo stadio di Wimbledon, nel capitolo cinque, dove il protagonista-narratore (che nei capitoli precedenti si è addormentato in vari luoghi) dice: “Più tardi apro un romanzo pieno di puntini di sospensione tra una parola e l’altra; ogni tanto quei puntini sono un vuoto allo stomaco, come superando una cunetta in macchina. Ad uno di quei dossi non torno più giù, e per la prima volta in questo libro mi addormento anche in un letto”; e mi ricordai che quel “per la prima volta in questo libro” mi aveva infastidito, come una leziosità. Tre: mi interrogai – forse per la prima volta seriamente, essendo ormai in vista della pubblicazione – sulla natura precisa della relazione tra alcuni personaggi del romanzo e le persone reali dei quali tali personaggi sono, più o meno manifestamente, trasfigurazioni. Queste tre cosette mi persuasero che il quadro doveva stare dentro al romanzo, non fuori; e dopo qualche tentativo decisi che la posizione giusta era quella, per così dire, dell’esergo. Quanto al bianco e nero, allargo le braccia: non me la sono sentita di chiedere all’editore una pagina a colori.

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“Volevo scrivere un romanzo impeccabile”

di Giulio Mozzi

[Questo articolo è apparso in Letteratitudine il 3 febbraio 2021. Leggi l’originale].

Le ripetizioni è un romanzo ambizioso. La frase che ho avuta in testa per quasi due anni, diciamo tra l’autunno del 2018 – quando sono stato spinto da Greta Bertella a riprendere in mano certe vecchie carte – e il 30 luglio del 2020 – quando ho consegnato all’editore il romanzo finito – è: «Voglio fare un romanzo impeccabile». Mettetevi nei miei panni. Sono nato nel 1960. Come scrittore ho dato il meglio di me – per comune giudizio – con le raccolte di racconti che ho pubblicate negli anni Novanta: Questo è il giardino, 1993, La felicità terrena, 1996, Il male naturale, 1998; ai quali si può aggiungere, ma il giudizio comune lo mette in secondo piano, Fiction, 2001. Negli anni successivi ho pubblicato, con un ritmo sempre più lento, libri sempre più difficili da classificare: dei prosimetri, come Fantasmi e fughe, 1999, e La stanza degli animali, 2010, un poema, Il culto dei morti nell’Italia contemporanea, 2000, e altri libri in versi; una raccolta di novelle brevissime, Sono l’ultimo a scendere, 2009, e un libro e metà strada tra teatro, novella e poesia, Favole del morire, 2015. Inoltre: fin dal 1993 mi sono dato all’insegnamento di quella cosa che viene orribilmente chiamata «scrittura creativa», e che altro non è che la pratica della letteratura; dal 1998 ho lavorato nell’editoria, soprattutto come scout, facendo da levatrice a qualcosa di più di un centinaio di romanzi.

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