“Una scrittura-carne”

di Paolo Nelli

[Questa recensione mi è stata inviata privatamente, con permesso di pubblicazione, dall’amico Paolo Nelli].

Nella seconda metà anni Novanta, dopo essere andato a conoscerlo a una presentazione di La felicitàterrena, mi incontravo spesso con Giulio Mozzi a parlare di scrittura. Un giorno mi disse che stava provando a scrivere un romanzo e mi diede le pagine che aveva scritto. In quelle pagine si arrivava presto a scene estreme di sesso perverso, cani sgozzati. Ricordo che gli dissi che non erano pagine facili da leggere.

La scrittura dei racconti di Mozzi, forse ancor più in Questo è il giardino, era scrittura-carne. Scrittura tangibile. In questa scrittura piana e di totale concretezza, i suoi racconti si sviluppavano esaurendo. Nulla si poteva aggiungere. Nel romanzo Le ripetizioni la scrittura viene svuotata da ogni forma di decorazione stilistica e, in quanto tale, stilistica all’eccesso. Una scrittura coerente fino al paradigma tanto da diventare ipnotica e fare perdere il senso della durata. Per giocare alle analogie, qualcosa che rimanda a una Sequenza di Berio, fatta però di parole e frasi. In Le ripetizioni assistiamo all’apice di connubio scrittura e contenuto. Si assimilano, si specchiano. Il protagonista del romanzo, Mario, è un uomo svuotato. Nella scrittura non c’è alcun accorgimento da effetto seppia cinematografico che mi indichi, a me lettore, una dimensione differente tra realtà e immaginazione, tra interiorità e esteriorità.

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“Una inusuale declinazione del concetto di passione”

Il 26 dicembre 2020 Emanuela Canepa, scrittrice, collega nella Bottega di narrazione, e amica, ha pubblicato in Facebook questa nota; che con il suo permesso riporto.

Emanuela CanepaGiulio Mozzi, prima di incontrarlo in carne e ossa, è stato per me come per molti un rilevante satellite orbitante nella costellazione della Repubblica delle Lettere. Se scrivi, o se vuoi scrivere, non puoi evitare prima o poi di imbatterti nel suo nome. Su di lui circolano leggende che dicono tutto e il contrario di tutto, e io per prima ho fatto esperienza diretta di come possa trasformarsi, ritengo suo malgrado, in una creatura proteiforme dell’immaginario. Anni fa l’avevo intravisto in giro, anche perché viviamo nella stessa città, Padova, seguendo alcune lezioni in rete oppure all’interno di qualche evento culturale. Il mio primo contatto diretto però è stato telefonico. Gli mandai il manoscritto de L’animale femmina e lui lo lesse pochissimo tempo prima della finale del premio Calvino. Mi telefonò alla vigilia della cerimonia. Ricordo che ero già a Torino, e che faceva un caldo maledetto. Mi disse diverse cose sul libro, e io, per quel che posso ricordare perché ero piuttosto frastornata dalla consapevolezza di essere in finale, le trovai tutte molto belle. Soprattutto però, e questo mi colpì molto, ricordo di aver pensato che era una persona gentile. Ho una debolezza assoluta per la gentilezza. Una persona gentile da me può ottenere quasi tutto.

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